La situazione dei sordi prelinguistici, ovvero soggetti divenuti sordi durante l’infanzia, prima di poter apprendere il linguaggio orale, antecedentemente al 1750 era palesemente orribile: considerati idioti in quanto incapaci di apprendere il linguaggio parlato, di godere di un libero scambio di comunicazione perfino con i genitori e i familiari; limitati a pochi segni rudimentali; tagliati fuori, salvo che nelle grandi città, perfino dalla comunità dei loro simili; lasciati nella più assoluta ignoranza culturale e sociale; obbligati a fare i lavori più umili; costretti a vivere da soli, spesso in condizioni prossime alla miseria; trattati dalla legge e dalla società quasi alla stregua dei deficienti.[1]

Le prime fonti riguardanti la storia dell’educazione dei sordi risalgono intorno al Cinquecento. Occorre precisare, che in quel periodo, l’educazione era individuale e soltanto i benestanti potevano permettersi un maestro che istruisse i loro figli. La stessa cosa accadeva anche per i sordi, infatti, nel Cinquecento, la famiglia Velasco, conestabile di Castiglia, avendo come unici eredi due figli sordi, Francisco e Pedro de Velasco, avvertiva la necessità di istruirli poiché nelle loro mani sarebbe finita una considerevole somma ereditaria.

Le fonti storiche rinvenute sostengono che i due ragazzi furono istruiti da un monaco benedettino Pedro Ponce de Leòn, appartenente al monastero di San Salvador a Oῆa. Egli insegnò ai ragazzi a leggere, scrivere, contare, pregare, confessarsi, assistere ad una messa e non solo, insegnò anche nozioni di filosofia, storia, astrologia, lingue come il latino e il greco. Durante le sue lezioni, De Leòn usava i gesti che aveva appreso attraverso la comunicazione dei due fratelli. De Leòn non ha mai scritto nulla sul suo metodo, si pensa che le ragioni di questo comportamento dipendano dal fatto che al suo tempo l’educazione fosse individuale e gli educatori custodivano con gelosia i loro metodi per avere la priorità nell’essere scelti da altre famiglie bisognose.

“Come ci riporta il Ferreri, nella sua opera L’educazione dei sordomuti in Italia – [1893, 10] <<la possibilità d’istruire il sordomuto sia col mezzo della scrittura, sia coll’alfabeto manuale, sia anche colla parola articolata e coi gesti era universalmente riconosciuta nel secolo XVII>>, ma sfortunatamente gli educatori di allora erano molto restii a mettere per iscritto i loro metodi e a divulgarli, preferendo mantenere il segreto e il successo con i conseguenti guadagni”.[2]

Nonostante ciò, una parte del metodo del monaco benedettino è sopravvissuto attraverso gli eredi della famiglia Velasco infatti, cinquanta anni dopo, la stessa famiglia ricorre a un nuovo maestro per l’educazione di un nuovo membro sordo, Luis Velasco. Fu incaricato per la sua educazione Juan Pablo Bonet, filologo e soldato al loro servizio. Bonet notò che all’interno della famiglia, i componenti sordi usavano i gesti per comunicare tra di loro, di conseguenza apprese una parte del metodo De Leòn che era stato tramandato nell’ambito familiare. Al contrario del monaco benedettino, Bonet pubblicò nel 1620 un trattato in cui esponeva il metodo che aveva utilizzato per l’insegnamento dei sordi. Il testo ha avuto una grande notorietà e influenza per numerosi educatori di ogni stato europeo.[3]

È nel periodo dell’Illuminismo che troviamo maggiori fonti storiche poiché in questo periodo sorgono diversi istituti speciali per sordomuti. Di queste la più eclatante è quella francese.

Nella seconda metà del Settecento, in Francia, l’abate Charles-Michel de l’Epée alle soglie dei suoi sessant’anni, inizia una nuova avventura: su richiesta di una povera mamma, si occuperà dell’educazione e dell’istruzione delle sue due figlie sordomute. Commosso e colpito dalla situazione dei piccoli sordi, de l’Epée  nel 1760 fonda a Parigi, la prima scuola pubblica per discenti sordi.

Il metodo educativo che l’abate ha usato nell’insegnamento ai sordi, consisteva nel spiegare le nozioni, gli oggetti e gli eventi concreti in segni attraverso un oggetto, un disegno, un referente per poi scriverle in lingua francese; per le nozioni astratte invece, cominciava dalla lingua scritta francese e poi con i segni spiegava il significato. Attraverso questo metodo, de l’Epée ha trasmesso ai suoi alunni ogni forma del sapere.

L’abate de l’Epée, al contrario di altri educatori, non tenne segreto il suo metodo, anzi lo divulgò con la speranza di convertire gli educatori alla Lingua dei Segni.

Per dimostrare la validità del suo metodo, ogni anno invitava nella sua scuola, educatori e filosofi, di ogni parte del mondo, ove potevano interrogare i suoi alunni su qualsiasi argomento, ponendo i quesiti per iscritto ed i ragazzi rispondevano sempre per iscritto.

“Il principio che guida De l’Epée, tratto probabilmente dalla lettura di Locke, è il seguente: le idee ed i suoni articolati hanno tra loro un rapporto arbitrario del tutto simile a quella tra le idee e i caratteri scritti. Dal momento che i sordi non possono acquisire suoni articolati, non resta che insegnare loro la lingua scritta attraverso l’uso dei gesti, il naturale mezzo dei sordi per esprimere sentimenti, idee ed emozioni”.[1]

Successore dell’Abbé de l’Epée, fu Roche-Amboise Sicard, egli affinò e diffuse sempre più il metodo dell’Abbè, fu grande studioso della Lingua dei Segni e uno dei membri della Societé des Observateurs de l’Homme.

Durante gli anni in cui Sicard era il direttore della scuola, operava nel suo istituto il famoso medico Jean Marc Itard, colui che tentò di rieducare Victor, il ragazzo selvaggio dell’Aveyron. Itard, all’inizio della sua carriera era un convinto sostenitore del metodo orale, infatti, il suo metodo comprendeva tutti gli esercizi sull’ascolto, sulla percezione del suono, sulla lettura labiale. Negli ultimi anni della sua vita, cambiò radicalmente opinione, sostenendo che la Lingua dei Segni è il “linguaggio naturale” dei sordomuti.

Contemporaneamente al periodo in cui Sicard era direttore dell’istituto per sordomuti, in America, un religioso del Connecticut, Thomas Hopkins Gallaudet, fu finanziato dal padre di una sua allieva sorda per recarsi in Europa ed acquisire i nuovi metodi educativi trattati con discenti sordi.

Una volta giunto in Europa, Gallaudet si recò immediatamente all’istituto per sordi di Braidwood in Scozia. Gli educatori dell’istituto erano gelosissimi del loro metodo tanto da non fornire alcun aiuto al nostro filantropo americano.

In quei giorni, l’abate Sicard si trovava a Londra per una serie di conferenze e qui conobbe Gallaudet, che al contrario di tanti altri direttori, lo invitò a visitare il suo istituto a Parigi e gli insegnò il suo prezioso metodo.

Gallaudet, dopo alcuni mesi di studio, decise di ripartire per il suo Paese, portandosi con sé un educatore sordo Laurent Clerc. Si racconta che durante i cinquantadue giorni di traversata, Clerc insegnò a Gallaudet la Lingua dei Segni.

Il 15 aprile 1817 nasce la prima scuola americana per sordi ad Hartford nel Connecticut; il figlio di Thomas, Edward Miner Gallaudet, fonderà poi nel 1864 il Gallaudet College a Washington che oggi è l’unica università per sordi esistente al mondo.[2]

Bibliografia e riferimenti

[1] M.C. CASELLI, S. MARAGNA, V. VOLTERRA, Linguaggio e Sordità…, op. cit., pp. 25-26

[2] Cfr. O. SACKS, op. cit., pp. 54-55

[1] Cfr. O. SACKS, op. cit., pp. 42-43

[2] M.C. CASELLI, S. MARAGNA, V. VOLTERRA, Linguaggio e sordità…, op. cit., p. 25

[3] Cfr. E. RADUTZKY, Dizionario bilingue elementare della lingua italiana dei segni, Edizioni Kappa, Roma 2001, pp. 13-15